
Antonio Tentori, una vita nell’horror – L’intervista
Scrittore e sceneggiatore per professione, ma soprattutto per passione, Antonio Tentori è una delle firme di punta del nostro cinema “di genere”. Da Fulci a Joe D’Amato sino a Dario Argento, lo sceneggiatore romano ha attraversato un’intera epoca fatta di celluloide e incubi. Lo abbiamo avvicinato per un’intervista. La parola all’autore romano…
– Antonio Tentori, una vita dedicata alla stesura di libri e sceneggiature horror. Quando nasce in te la passione per il genere e come ti sei approcciato al mondo del cinema e dell’editoria?
La passione nasce in età giovanissima. Amavo tutto ciò che era fantastico, dai fumetti e dai libri, poi naturalmente crescendo sono arrivato al cinema. Vedevo tutti i generi, ma erano soprattutto gli horror e i thriller ad affascinarmi ed entusiasmarmi. Da ragazzo ero capace di andare dall’altra parte della città pur di vedere quel film che mi interessava, frequentavo molto i cine club, i cinema d’essai, le seconde visioni (allora c’erano anche quelle!). E’ stato il mio fondamentale e indimenticabile periodo di formazione. Nel tempo ho spesso sognato ad occhi aperti collaborazioni con i registi che adoravo, soprattutto Argento e Fulci. Poi ho iniziato a crederci veramente ed è stato proprio l’incontro con Lucio Fulci a determinare la mia volontà di scrivere per il cinema. Contemporaneamente avevo cominciato un libro con il mio amico Maurizio Colombo, che poi è diventato “Lo schermo insanguinato”, dedicato al cinema italiano del terrore. L’abbiamo proposto all’editore Solfanelli, che l’ha pubblicato, e così ho dato il via alla mia duplice attività di saggista e sceneggiatore.
– Tu che hai lavorato al fianco di chi, in Italia, è stato portatore del genere horror e thriller, come vedi attualmente il panorama? Ritieni ci siano valide nuove leve?
Credo molto negli autori del cinema indipendente italiano, ritengo che tra di loro ci siano autentici talenti, che devono solo avere la possibilità di esprimere al meglio le proprie potenzialità. Il panorama è interessante e stimolante e mi è capitato in più occasioni di lavorare con giovani registi.
– Cosa rappresenta per te ogni tua sceneggiatura e libro?
Metto sempre tutto me stesso in quello che scrivo. Ogni sceneggiatura ha un preciso significato. Esprime il momento che sto vivendo, lo stato d’animo, le idee, le intuizioni, le sensazioni e le suggestioni che mi attraversano quando mi trovo a cimentarmi con un nuovo lavoro. Scrivo film che mi coinvolgono e quindi sono allo stesso tempo euforico e professionale, ovvero mi lascio trasportare dalla fantasia ma rimanendo sempre attento a quello che scrivo. Per i libri il discorso è diverso, nascono da un profondo interesse per un determinato regista o genere o personaggio dei fumetti. Mi piace continuare a scriverli, anche perché in un certo senso rappresentano una valvola di sfogo, qualcosa di importante e personale di cui occuparmi.
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